2011

WAS HERE

Un luogo, un angolo di interno, un oggetto (per me sconosciuto, per Paolo familiare o banale) grazie al fuoco di uno sguardo prolungato è caduto in un proprio silenzio, in una propria zona di ombra luminosa, e si è rivelato altro. Io vedo questo secondo paesaggio, la nuova vita del luogo o dell’oggetto, che a sua volta al mio sguardo lentamente – come un’immagine che la mente compone da tratti prima slegati, che affiorino da una trasparenza – si vela di una nuova luce, si spoglia dei connotati abbaglianti che prima (nel primo istante) lo invadevano e mi dice altro, mi racconta altro.Abbiamo due paradossi e una difficoltà, una domanda. Primo paradosso: il rivelarsi altro di uno spazio (questo tirare indietro, tirare via il velo d’abitudine che lo copre) uscendo sotto nuova luce è anche il suo entrare, come dice Paolo, in una ‘zona d’ombra’, e dunque velarsi, velarsi ancora togliendosi dalla luce usuale e coatta dei giorni per scoprirsi a noi “novo ciel, nova terra”, con le parole di Leopardi. Forse, entrare nell’ombra e nel silenzio è delimitare (scavando un vuoto) un sacro nel quale poi questo spazio emani da sé su di sé una luce “che da sé è vera”. Un vuoto antitetico al vuoto che si vive, un vuoto che si scava nel vuoto, una nuova pienezza. Secondo paradosso: quello che per Paolo è rivelazione, a me appare come una nuova superficie delle cose, in un gesto – l’immagine fotografica – che mi dice “Guarda, attento, io non sono io, eppure io sono veramente io”, come per bocca di un antico oracolo. E infine la domanda: cosa devo fare, ora? Scorrere lo sguardo sulla superficie di questo vero velo, trovare l’aprirsi della mia ombra e del mio silenzio, e vivere la mia rivelazione, speculare e conseguente a quella di Paolo? o non piuttosto destinarmi al fallimento di risalire, bucando la superficie vetrina, la soglia di un’immagine, allo spessore plumbeo che sta dietro, a quel giorno e a quella luce coatta che non recupererò mai? Insomma, scegliere tra la deriva di un sogno e una realtà che è ormai solo sogno. Vorrei fosse lo stesso sogno, vorrei che arretrare generando nuova realtà sognata dallo specchio e oltrepassarlo fosse lo stesso gesto. In fondo – nel fondo che è la superficie dell’immagine – quello che era e quello che si è rivelato, quello che è e che può essere o sarà, vivono assieme e si parlano in silenzio, in perfetta estraneità. Chi – non parla; cosa – non parla. Il luogo si parla, si dice: è stato qui; qui, è stato.

 Luca Bragaja, 

exhibitions and contests

2013 Tracce di immagini, curator A.Madesani, Rocca S.Giorgio, Orzinuovi, Brescia, Italy

2011 Was here, curator G.Guarienti, Galleria Civica G.Craffonara, Riva Del Garda, Trento, Italy 

– 16th rassegna d’arte contemporanea SaturArte, Palazzo Stella, Genova, Italy 

– Il rumore del mondo, curator A.Crestanello, Cargo20, Verona, Italy 

 

EDITIONS of 3+ 2 ap

Giclèe prints on cotton paper all made by the author